Powerpoint è morto?

Pubblicato su Office Automation Giugno/2007

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PowerPoint è morto!
Questa perentoria affermazione sta facendo il giro del mondo su alcuni siti di comunicazione e di informazione generale. Un gruppo di ricercatori dell’Università del Nuovo Galles in Australia ha pubblicato qualche settimana addietro i risultati di una ricerca che avvallerebbe questa teoria. Il professor John Sweller1, già noto negli anni ’80 per la sua Cognitive Load Theory2 , oggi sintetizza la ricerca dicendo: «L’utilizzo delle presentazioni in PowerPoint é stato un disastro… andrebbe abbandonato»3.
powepoint mortoSono d’accordo? No. Prima di entrare nel merito della questione dobbiamo però definire alcuni punti. Innanzi tutto usando il termine PowerPoint io, e loro nella ricerca, indico semplicemente l’utilizzo di un programma per computer che mostra i supporti visivi. Il prodotto menzionato é il più diffuso ma in questo caso é usato, quasi come una sineddoche, in luogo dell’intera tipologia di applicazioni, quindi potete sostituirlo a piacimento con Keynote se utilizzate l’alternativa del mondo Apple oppure OpenOffice Impress se, come il sottoscritto, utilizzate software open-source. La seconda precisazione dovuta, é che la frase di apertura non è parte integrante del risultato della ricerca ma, una conclusione personale.

Fatte le dovute premesse posso ora spiegare i motivi del mio dissenso. PowerPoint non é morto o «sbagliato»: semplicemente nella maggior parte dei casi è utilizzato in modo scorretto. Scorretto ai fini di presentare in maniera efficace. Non é il mezzo il problema, ma l’approccio nel suo utilizzo. Molti presentatori si fanno «sostituire» da PowerPoint (in questo caso nell’accezione del contenuto delle pagine prodotte in PowerPoint). Diversi presentatori pensano che i contenuti delle pagine PowerPoint siano «la presentazione».

Quando si tratta di preparare una presentazione partiamo subito aprendo PowerPoint e passando ore a produrre slide «horror vacui» (dove è quasi impossibile indovinare quale é il colore di sfondo!). Il risultato? Perdiamo di vista l’audience, il nostro messaggio, perché PowerPoint diventa la nostra guida. Creiamo dei supporti visivi sovraccarichi ed illeggibili che confondono ed assordano il pubblico con un eccesso d’informazione. Peggio ancora finiamo col «leggere» le slide, comportamento che risulta fastidioso per chi ascolta ed al tempo stesso distrugge la nostra efficacia e credibilità perché risultiamo poco fluidi ed esitanti.

E questo é sicuramente non corretto, perché come giustamente dice Roger Ailes: «Tu sei il messaggio»4. L’utilizzo improprio dei supporti visivi, specie quando ostacolano la comunicazione emotiva, é una delle principali cause di presentazioni poco efficaci ed incapaci di motivare all’azione l’audience 5.
John SwellerQuale è la soluzione allora? Torniamo al Prof. Sweller ed alla ricerca citata in apertura: essa ci dice che per il cervello umano è più difficile processare le informazioni se esse ci arrivano in forma orale (presentatore) e scritta (slide) contemporaneamente. E questo é proprio il caso di molte presentazioni fatte con PowerPoint dove le slide contengono le stesse informazioni, se non addirittura le stesse frasi, del discorso dell’oratore. Ma é la stessa ricerca a darci lo spunto per una possibile alternativa. Sweller dice anche che é invece efficace parlare mostrando una rappresentazione grafica poiché presenta le informazioni in una forma diversa. Una prima, semplice ma corretta, interpretazione pratica é quella di sostituire al testo una sua rappresentazione iconografica. Del resto si dice che un’immagine vale più di 1000 parole. In alcuni casi la sostituzione può sembrare semplice e scontata. Invece di mostrare una tabella con una sequenza di numeri un grafico é meglio. In altri casi invece ci dimentichiamo che esiste anche un presentatore (noi) e demandiamo, erroneamente, al supporto visivo il compito di comunicare un concetto. Quindi invece di mostrare il testo «Nell’ultimo anno la domanda si é spostata dal segmento residenziale a quello professionale» potremmo visualizzare lo stesso concetto in forma grafica e lasciare che siano le nostre parole a completare il messaggio. Del resto siamo chiamati a presentare proprio per quel motivo: una presentazione deve essere qualcosa di più di un semplice testo e di una sequenza di immagini.

La seconda chiave di lettura é quella di (ri)portare i supporti visivi alla loro corretta funzione, di supporto appunto, e cambiare il nostro approccio alla preparazione di una presentazione. Invece di partire da PowerPoint, iniziamo dalla «presentazione». Cosa vogliamo dire, come lo vogliamo dire. Quale é il messaggio principale e come possiamo trasmetterlo al nostro pubblico. Quest’ultimo punto ci obbliga anche ad analizzare quale tipo di audience affrontiamo, poiché destinatari diversi richiedono diversi tipi di comunicazione. Una volta definiti questi aspetti, costruita una scaletta di massima, definiti gli argomenti che avvalorano la nostra tesi, possiamo, e solo a questo punto, creare dei supporti visivi. Prevalentemente grafici, con poco testo, che integrino, non sostituiscano, la nostra presentazione.

Per capire perché nella maggior parte dei casi ciò non avviene ed anticipare le possibili obiezioni dobbiamo fare un passo indietro e cercare di capire quali sono i motivi alla base dell’approccio scorretto all’utilizzo di PowerPoint.

Sicuramente contribuisce un’abitudine diffusa che é diventata prassi solo perché consuetudine. Ma non solo. In molte aziende i supporti visivi, ovvero il file PowerPoint, arriva già pronto perché le aziende commettono il peccato di voler sacrificare le qualità di ogni singolo presentatore in nome di una standardizzazione del messaggio che, puntualmente, si trasforma invece in una mancata efficacia del processo comunicativo. Ogni presentatore è diverso, e così il pubblico. Di conseguenza dovrebbero esserlo i supporti accompagnatori. Oggi molti oratori utilizzano i supporti visivi come «traccia» per le loro presentazioni. Ecco perché molte slide sono colme di testo e l’oratore si ritrova a leggerle. La soluzione? Prepararsi adeguatamente e demandare alle note, scritte in grande e visibili solo all’oratore, il compito di ricordare i punti salienti od eventuali dati specifici. Per il pubblico é più interessante seguire uno speaker che parla con dei supporti visivi eleganti ed efficaci ed occasionalmente consulta delle note per citare alcuni dati o controllare velocemente le linee guida. Al contrario un oratore che fa troppo affidamento ai propri supporti visivi, ovvero seguendoli in maniera quasi pedissequa, comunica una sensazione di impreparazione sia riguardo la presentazione che il soggetto della medesima.

Diversi presentatori affermano che dovendo lasciare le slide come atti della presentazione é necessario che esse contengano tutti i riferimenti e le informazioni per una futura consultazione. Anche in questo caso l’alternativa é semplice. Basta preparare una versione per la stampa ed una per i supporti visivi. Tra l’altro la prima sarebbe più indicata in una forma di testo accompagnatorio in ragione della sequenza di slide.

In conclusione il problema non é PowerPoint o Impress o ancora Keynote. E’ il loro utilizzo smodato che comunemente avviene nella maggior parte delle presentazioni a rendere la comunicazione inefficace. In oltre 10 anni che tengo corsi di Public Speaking ho sempre sostenuto questo principio, oggi la ricerca del team di cui fa parte John Sweller ci ha fornito un ulteriore conferma dal punto di vista scientifico. Non cancelliamo dunque questi programmi dai nostri computer ma prepariamoci diversamente. Partiamo dal nostro messaggio, da noi stessi e dal nostro pubblico. Solo quando la presentazione è concettualmente pronta, affianchiamoli dei supporti visivi, semplici, leggibili e di impatto visivo ed emozionali (le immagini!). Il tempo che abbiamo risparmiato nella stesura di dettagliate slide PowerPoint dedichiamolo invece a provare più volte la presentazione, ne guadagneremo in sicurezza, a preparare eventuali atti da distribuire a corredo. E se ci avanza ancora qualche minuto beviamoci un bicchiere di vino alla salute dei ricercatori australiani (purché non avvenga subito prima della presentazione, meglio affrontare il pubblico sobri!).

  1. http://en.wikipedia.org/wiki/John_Sweller
  2. Cognitive Load Theory: A Special Issue of Educational Psychologist: 38 (Educational Psychologist) – Fred Paas, Alexander Renki, John Sweller – Lawrence Erlbaum Associates Inc 2003
  3. «The use of PowerPoint presentation has been a disaster… It should be ditched» – John Sweller
  4. You are the message – Roger Ailes – Currency Ed. 1989
  5. Comunicare con le emozioni (e non con il computer) – Paolo Pelloni – Persone & Conoscenze 3/2006