Quando ero un bambino il Giappone era la terra dei cartoni animati. Dal più celebre per la mia generazione (Goldrake) al più europeo (Heidi), insieme a serie televisive su robot (Gundam, Mazinga, Jeeg, Daitarn), improbabili imprese sportive (Holly & Benji, Supercar Gattiger) a storie di abbandoni o romantiche (Remi, Candy Candy).
Negli anni più recenti Garr Reynolds ha sostituito Actarus (non me ne voglia), come principale fonte di ispirazione dal giappone, ovviamente per parlare in pubblico e presentazioni. Oltre ad aver letto Presentation Zen (con dedica autografa), Presentation Zen Design e The Naked Presenter il suo blog è un punto di riferimento. Sempre dal giappone Hara Hachi Bu ed il metodo Takahashi anch’essi oggi entrati a far parte del mio corso di public speaking.
Passiamo alla generazione successiva, cosa mia figlia ha dalla cultura giapponese? Oggi sicuramente i film dello Studio Ghibli che lei adora è ha visto e rivisto più volte. Domani?
Le auguro il kaizen, quel miglioramento continuo che è il segreto per arrivare agli obiettivi che ci si prefigge. E con esso magari il senso di chiusura, l’ensō, la pulizia, l’eleganza ed un pizzico di minimalismo della cultura zen.
Tutte cose che possono essere ottime anche per le tue presentazioni!
Eliminare il superfluo per far emergere l’essenziale è un’ottima linea guida quando parli in pubblico! Cosa veramente vuoi che il tuo pubblico porti a casa? Quale è il messaggio principale che deve essere chiaro? Quello che vuoi presentare loro ti aiuta a raggiungere il tuo obiettivo o li distrae?
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