Qualche giorno fa ero ad una conferenza importante, oltre 1000 partecipanti al MiCo di Milano. Osservando il mio comportamento, e quello del resto delle persone al mio fianco, ho fatto una riflessione sull’uso della voce quando si parla in pubblico, ed in particolare dell’effetto ninna nanna.
L’uso della coda
Partiamo da un dato di fatto, oggi durante le presentazioni la maggior parte dell’audience è su un dispositivo elettronico: smartphone, tablet o PC. Alla stessa conferenza lo ha affermato anche Gianmario Verona, rettore della Bocconi, che ad un certo punto ha detto: “Non vi vedo perché ho i fari negli occhi, ma sono certo che molti di voi hanno lo sguardo volto sui vostri schermi”. La cosa in sé non significa che necessariamente la platea sia distratta, potrebbero essere su Twitter o Instagram (Facebook o LinkedIn) a fare un post sulla presentazione in corso. In ogni caso, una volta che il dispositivo è in mano, e facile cadere nella tentazione di leggere un commento, un articolo o semplicemente distrarsi con altri contenuti. Ad esempio è quello che è successo a me. Condivido la foto di una slide interessante, aggiungo un commento, verifico una delle affermazioni fatte su Wikipedia… e mi ritrovo in una condizione di ascolto secondario.
Leggo lo schermo e con la coda del cervello ascolto l’oratore riportando la piena attenzione sul palco solo quando qualcosa di particolare cattura il mio interesse. O così credo di fare, come racconterò fra poco. Cosa può indurmi a staccare gli occhi dal display e concentrarmi sulla presentazione? Magari un video, o solo un cambio di slide, specie se varia la luminosità (che entra questa volta dalla coda dell’occhio). Insomma una discontinuità, e in questo chi presenta ha un grande strumento a sua disposizione per mantenere l’audience coinvolta. Si tratta della voce.
Un intervento è stato particolarmente mono tono (ovvero monotono) e mi sono accorto solo alla fine di non aver mai alzato gli occhi verso il palco e soprattutto di essermi perso quasi tutto il contenuto della presentazione. Sono stati 15 minuti molto produttivi, per le mie mail, ma non ho idea di cosa sia stato detto. Ciò non era sicuramente l’obiettivo dello speaker.
L’uso della voce
Riflettendoci è curioso che in quest’era iper-tecnologica e digitale la chiave sia proprio l’uso della voce, che rimane uno dei miei 10 consigli per parlare in pubblico. Cosa devi fare quando tocca a te presentare? Usala al meglio, soprattutto variando. Cosa? Il tono, il volume, la velocità e magari anche la cadenza. Se puoi usa parole evocative che colpiscono l’attenzione del pubblico, e fanno alzare gli occhi dagli schermi. Senza un po’ di dinamicità il rischio è che diventi una cantilena, peggio una ninna nanna, che addormenti la platea o la rimandi ai loro dispositivi.
La voce è un fondamento della comunicazione non-verbale, non trascurare la sua importanza.
Il suggerimento
Devi quindi studiare lirica, od imparare a respirare con il diaframma come fanno i cantanti? Non guasta di sicuro, non credo però sia necessario per essere efficace. Usa la voce come ti ho detto prima, variandola, usando come punteggiatura della tua esposizione: virgole, a capo, punti esclamativi ed interrogativi, puntini di sospensione, non dimenticare nulla! Se poi vuoi ci sono questi esercizi per la voce di cui parlai qualche anno fa.
Perché ciò sia più semplice e naturale, lascia che sia la tua passione a guidarti quando parli in pubblico. Sarà lei a colorare la tua voce.
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