Venerdì scorso stavo tenendo un corso di public speaking ed ad un certo punto della mattinata discutevamo della comunicazione. Per essere più precisi parlavamo di comunicazione efficace mentre sullo schermo troneggiava una citazione di Daniel W. Davenport: “Il più grande problema della comunicazione è l’illusione che sia stata fatta.”

Per capire il senso della frase ci può aiutare la definizione della parola comunicazione. Secondo Treccani è:

comunicazióne s. f. [dal lat. communicatioonis]. – 1. a. In senso ampio e generico, l’azione, il fatto di comunicare, cioè di trasmettere ad altro o ad altri:

non molto diverso il Sabatini Coletti:

comunicazione
1 Trasmissione, partecipazione, diffusione di qlco. agli altri: c. del messaggio del presidente; estens. testo che viene comunicato: c. scritta || mezzi di c. (di massa), stampa, radio e televisione

Ovviamente sono entrambe corrette, con due considerazioni importanti. L’accezione principale qui è soprattutto la comunicazione di massa, e non necessariamente parliamo di comunicazione efficace. Nota che in entrambi i casi compare l’azione trasmettere. Guardiamo all’etimologia della parola, essa arriva dal latino communico: mettere in comune. Perché ciò avvenga, non basta spedire un messaggio, esso deve anche arrivare al destinatario e soprattutto deve essere recepito. Trasmettere solamente non è sufficiente, il successo comunicativo avviene quando il nostro pubblico comprende il messaggio che volevamo lasciare loro.

La citazione di Davenport ci dice proprio questo: non basta dire per pensare di aver comunicato con successo, devi farlo in modo che l’altro possa capire e sincerarti che ciò avvenga. Quando qualcosa potrebbe non funzionare? Quando il tuo pubblico non ascolta, non riceve correttamente le informazioni, vuoi perché difficili da comprendere, vuoi per la terminologia usata, o ancora perché le intende in maniera differente dall’intenzione di chi le trasmette.

Ironia del caso, terminata la discussione durante il corso mi sono recato alla toilette e all’interno sulla porta ho trovato questo cartello.

comunicazione efficace cartello

Il mio primo pensiero è stato: “Non è forse meglio chiudere la porta durante l’utilizzo della toilette?”

Poi, dopo un poco, ho capito lo scopo del cartello e ho sorriso all’esempio dal vivo di comunicazione ricevuta diversamente dalle intenzioni originali, almeno in prima battuta. Certo si potrebbe argomentare sulla mia scarsa capacità di comprensione in questo caso, comunque è un esempio di fraintendimento. L’onere della comunicazione è sempre in chi trasmette.

Tornando al tema nel contesto delle presentazioni o di public speaking, perché è importante ricordare quello che dice Davenport? In alcuni casi la nostra esposizione logica potrebbe costruire su concetti che il pubblico dovrebbe avere, vuoi perché li abbiamo appena trasmessi, vuoi perché pensiamo li debbano avere già con se. Un esempio banale, per preparare la mia futura audience ad un meeting invio loro una mail con dei dati che gli serviranno durante la presentazione; siamo sicuri che hanno letto la mail? Altro esempio: nella prima parte della mia presentazione mostro loro un problema da risolvere, e poi propongo la soluzione. Se il problema non è stato compreso (illusione della comunicazione), la parte successiva non funziona. Nessuno è interessato a risolvere un problema che non esiste, ovvero che non percepisce.

Come evitare ciò dunque? Ci sono due cose che puoi fare. La prima è verificare che la comunicazione sia avvenuta, facendo domande precise al tuo pubblico. Se capisci che il problema non è stato compreso inutile procedere con la soluzione, devi tornare indietro e spiegarlo meglio. Se non hanno letto la mail non puoi parlare basandoti sul suo contenuto, non riusciranno a seguirti.

Questo aspetto è molto importante già quando prepari una presentazione, durante potrebbe essere troppo tardi per accorgersi che qualcosa non è andato come deve andare. Devi prevedere i passaggi di controllo e anche cosa fare nel caso il messaggio precedente non sia arrivato.

“L’ho detto mille volte!”. Sì, ma lo hanno ascoltato?