Ritorna #ImparaDalTED ed iniziamo subito con la presentazione, questa volta si parla di povertà ed a parlare è Rutger Bregman (intervento scelto da Chris Anderson come uno dei migliori 10 del 2017).

A parte l’argomento della discussione cosa possiamo imparare dalla presentazione per migliorare noi stessi quando parliamo in pubblico?

Iniziamo ad esempio dalle slide che hanno diversi aspetti positivi (e qualcuno migliorabile).

Dopo poco più di 30 secondi viene usato questo supporto visivo:

Le scritte in chiaro su sfondo scuro tendo a leggersi meno bene ed in questo caso il titolo della Lady di ferro è anche in un carattere relativamente piccolo, per quanto lo schermo al TED sia grande.
Tolto questo aspetto, apprezzo il layout e la combinazione di colori che viene mantenuta costante in altri supporti visivi, bianco nero con il rosso.

C’è anche l’occasione per sollevare una risata del pubblico, sebbene con un retrogusto strano. L’umorismo ritornerà anche più avanti (in particolare dal metà del 12esimo minuto). Rutger vuole confutare un pensiero di molti, presente forse anche nella platea in sala, sicuramente nella vasta audience on-line, ovvero che la povertà sia dovuta a qualcosa di sbagliato con i poveri stessi. Per farlo parte dalla Thatcher, E poi senza accusare direttamente il pubblico spiega che non è l’unica a pensarla così e forse alcuno di loro. Anzi lui stesso era uno di questi! In questo modo porta l’eventuale biasimo su se stesso, crea empatia con chi nel pubblico condivide quell’idea che vuole cambiare. Sono come voi, anzi ero come voi, non c’è nulla di male, ma si può cambiare (e si dovrebbe).

“Poi, appena qualche anno fa, ho scoperto che tutto ciò che pensavo di sapere sulla povertà era sbagliato. “

Questo è il passaggio chiave dell’intero talk, convincere l’audience a cambiare il proprio punto di vista sull’argomento. Partendo dalla propria trasformazione, che è molto più efficace che dire “avete un’idea sbagliata”. E da qui si innesta una storia personale, soggettiva, ma che parla di dati oggettivi raccolti sul campo. Per sfidare un’idea radicata nella mente dell’audience dobbiamo dare loro evidenza di fatti, possibilmente di terze parti.

Poco dopo il terzo minuto: “Conosciamo tutti quella sensazione”, ecco un ottimo uso delle parole per mantenere coinvolto il pubblico. A cui seguono una serie di esempi ed analogie, non tutte onestamente mi convincono pienamente.

Dopo aver introdotto sia il problema che la possibile soluzione dall’ottavo minuto inizia a portare dati a supporto della soluzione proposta. Mi è piaciuta l’idea di sottolineare il passaggio alla parte successiva come se fosse un atto di una recita.

Più avanti vale la pena notare l’uso intelligente del riquadro nero e della freccia per aiutare il pubblico ad estrarre dal grafico il significato.

L’idea raccontata ha un estremo fascino, genera però una potenziale obiezione latente, o quanto meno un dubbio, come sia possibile finanziare un progetto così ambizioso? In questi casi va sempre portata alla luce ed affrontata in chiarezza ed è quello che Bregman fa al minuto 11, sia richiamando l’attenzione (“Ma parliamo del problema principale”), che in maniera diretta (“come finanziamo un reddito di base garantito?”).

Nei passaggi che seguono oltre alla confutazione dell’obiezione c’è un crescendo esortativo, come è corretto che sia. All’inizio l’audience è fredda sul nostro tema, dobbiamo costruire il loro entusiasmo sulla nostra idea gradualmente, mescolando fatti ed emozioni, per avvicinarli al nostro modo di vedere e solo più avanti possiamo passare a spronarli verso il traguardo comune (quello che nel mondo degli affari spesso va sotto il nome di call to action).

Al minuto 13.40 c’è poi un passaggio che mi piace molto perché solleva un’altra possibile obiezione sotterranea (“So che molti di voi sono assaliti dal pessimismo, davanti a un futuro di diseguaglianze, xenofobia e cambiamenti climatici.”). La riposta ad essa è positiva e propositiva (“non basta sapere a cosa opporsi: serve anche una causa da sostenere.”) con un parallelo divertente ed illuminato con Martin Luther King Jr., ovvero pescando da un grande classico dell’oratoria.

Come il famoso pastore attivista c’è un uso sapiente dell’anafora, ovvero la ripetizione di una locuzione all’inizio di più passaggi (“credo in”).

Un grande discorso, presentazione o ted talk dovrebbe concludersi con un messaggio forte, anzi con IL messaggio, ovvero quello che davvero vogliamo il pubblico porti a casa. Così è anche in questo caso, l’ultima frase, prima del grazie, è proprio il concetto che Rutger vuole l’audience faccia proprio:

poverty is not a lack of character, poverty is a lack of cash.

Per #ImparaDalTED ecco un ottimo esempio di talk da cui possiamo estrarre molti spunti e farli nostri per essere altrettanto efficaci quando parliamo in pubblico!