Nella mia vita ho partecipato a qualche centinaio di colloqui di assunzione. Nella maggior parte dei casi nel ruolo di intervistatore: IBM prima, Anixter poi e Galactica per ultima. In altri casi stavo dall’altra parte della scrivania.
Cosa hanno tutti, o quasi tutti, in comune? Il fatto di essere stati pressoché inutili a stabilire se il lavoro mi piaceva e/o se la persona era quella giusta per quel lavoro.
Ho scelto Anixter, fra le tante, perché Marco mi sembrava una persona con cui avrei voluto lavorare ed Elena mi ha offerto il caffè. Ho scelto Galactica perché dopo diversi anni Marco non era più la persona con cui volevo lavorare e non c’erano corporate policies assurde.
Ho scartato Laura che era brava ma insisteva a dire che voleva finire a restaurare quadri ed ho assunto Corrado perché … non lo so bene il perché (ma poi l’ho scoperto!).
Ci sono persone che sono le migliori nei colloqui. E a volte i peggiori collaboratori che potevi assumere (a meno che tu non venda “colloqui” ovviamente).
In genere noi tendiamo ad assumere persone per due tipologie di lavoro: l’”operaio” ed il “creativo”. Nel primo caso serve qualcuno che sia in grado di svolgere un compito preciso e seguire le istruzioni (spedire dei pacchi, fare prelievi del sangue, o ricopiare dati in un foglio elettronico). Nel secondo caso si tratta di posizioni dove non ci sono istruzioni prefissate e ripetitive da seguire ma si chiede alla persona di contribuire a dare una “forma” al lavoro. Da un dirigente, ad un artigiano o semplicemente un inside sales.
Se devi assumere un “operaio” è poi così importante durante il colloquio valutare come è vestito? O cercare di metterlo sotto pressione con domande “classiche” ma che non hanno nessuna attinenza pratica con il suo lavoro di tutti i giorni?
Ma, soprattutto, nel caso del “creativo”, sei sicuro che un’ora di intervista precotta ti possa davvero dimostrare che risponda ai requisiti richiesti? E tu d’altro canto, in mezz’ora credi di poter davvero descrivere il lavoro che andrà a fare? In questi casi io le risposte le cerco invertendo le parti. Ripenso a quando mi hanno intervistato (ed assunto), al lavoro che mi hanno prospettato, alle capacità che dovevano essere chiave. Poi penso alla realtà che è stata (che è!). Non so nel tuo, ma nel mio il colloquio non c’entrava niente con la “vita vera”.
OK. Chiedimelo: “Ma del resto come posso fare altrimenti?”
Se avessi la risposta magica sarei milionario (almeno così cantavano i Culture Club), però qualche spunto posso provare a darlo.
Supponiamo si tratti di un nuovo Inside Sales. Normalmente quanti colloqui fa prima di essere assunto? Diciamo tre. Totale 3 ore? Normalmente metà del tempo è per illustrare l’offerta e l’altra metà per capire se la persona sarà in grado di farlo con successo. Un’oretta e mezza circa per tipo quindi.
Mezz’ora di “tour” dal vivo dell’ufficio: come funziona l’azienda, i venditori interni ed esterni, il marketing, l’amministrazione, il magazzino, le spedizioni, gli strumenti di lavoro, la sala corsi!
L’altra ora in mezzo agli Inside per capire come è DAVVERO il loro lavoro quotidiano. Che cosa fanno, che odore si respira ad essere Inside in azienda. Vedere come si inseriscono ordini, sentirli telefonare. Parlare di un progetto con Marco o Carlo. Discutere con Stefano o Francesca di un cliente. Chiedere un NSP a Barbara o verificare una spedizione con Fabrizio. Vita vera. Vissuta.
E l’altra ora e mezza? Quella dove capire se lei (o lui) sono chi vogliamo? Diamogli un telefono qualche nome di prospect ed un compito “fattibile”, ovvero che non richieda una conoscenza intrinseca dell’azienda o del prodotto che non può avere. Ad esempio fare iscrivere qualcuno ad un seminario. Scoprire perché non compra più. Od ottenere la promessa di richiesta di quotazione al prossimo progetto. Standogli a fianco, sia per aiutarlo se serve, ma soprattutto per vedere dal vivo come “funziona”. E magari ascoltare nell’altra mezz’ora le sue idee su come pensa di fare il lavoro adesso che ha visto e provato come funziona.
Le persone cambiano dopo che le hai assunte. Sempre. Credi che le differenze maggiori siano quelle fra la persona che hai intervistato in un colloquio astratto o quelle con la persona che cornetta all’orecchio ha chiamato un cliente a freddo?
(articolo ispirato da uno letto tanto tempo fa sul blog di Seth :http://sethgodin.typepad.com/seths_blog/2006/09/the_end_of_the_.html)
tutto molto bello…
…a riuscire a farli i colloqui!
Nel mio mondo, ormai, le aziende non rispondono più neanche con un “no grazie” alle richieste di lavoro (che poi sarebbe l’offerta del “mio” laoro all’azienda, ma questa è un’altra storia)
Inviare curricula, candidature sotto varie forme… tutto inutile. Come scrivere al mio gatto e sperare che risponda; anche se lui, in verità, ogni tanto miao lo fa.
Ormai, nel privato più che nel pubblico, dove peraltro sono fuori gioco per limiti anagrafici, conta di più quella che oggi viene chiamata “la rete” o “le relazioni”. Un modo moderno per dire che DEVI conoscere qualcuno all’interno. La solita raccomandazione per essere chiari.
buon lavoro
Il social recruiting vedo che sta rimpiazzando molto i processi canonici di selezione.
Ciò non toglie che purtroppo è molto vero che spesso vengono ignorate anche le regole più basilari.
In Galactica ricevevo tanti curriculum e ricordo che rispondere a tutti era faticoso, l’ho sempre reputato però importante sia aziendalmente (immagine aziendale, potenziali futuri clienti, partner, ecc….) sia personalmente (educazione e rispetto).
In ogni caso mai disperare!
In bocca al lupo.