Una delle tante chiamate che fioccano quasi giornalmente. A cui si aggiungono altre aziende utility (energia su tutte) e ultimamente pure quelle di [operatore televisivo]. A volte la pazienza va a farsi benedire. Non è colpa loro, quantomeno dell’operatore intendo. Ma neanche nostra.
È una situazione lose-lose (invece delle classiche win-win). Il potenziale cliente arriva all’esaurimento nervoso e a quel punto butta tutto nel calderone. Non ascolta più nulla e tutte le chiamate diventano una rottura di scatole da cui liberarsi al più presto.
Immagino che per chi chiama non sia più divertente e qualcosa mi fa pensare che sia più di un prospect a ricorrere al turpiloquio. L’azienda committente che ritorni ha? O nella migliore delle ipotesi che qualità di proposizione dell’offerta ottiene? Chi sono i clienti che ancora comprano grazie a queste telefonate? Sono proprio quel tipo di cliente che le aziende cercano? Quanti disdicono dopo breve? Non ho alcun numero ma fatico a credere che i ritorni siano entusiasmanti. Eppure non diminuiscono le chiamate. Mi sono chiesto perché.
Per molte aziende questo è uno dei modi rimasti per contattare i potenziali acquirenti. I negozi sono tutti di terze parti, o quasi, mandare in giro le persone costa troppo soprattutto sul mercato consumer e piccole medie aziende (che se dici SMB è la stessa cosa). La rete vendita interna è spesso azzerata e riservata ai clienti grandi (direzionali, top, enterprise, sempre quelli sono). Eppure credo che uno dei limiti sia già questo. C’è una forte differenza quando l’azienda ti parla in prima persone o via call-centre a contratto.
Ma non è più possibile: [noto imprenditore e volto televisivo delle pubblicità] viene a casa tua a proporti l’ultima suo prodotto a marchio [azienda leader nelle paste con ripieno] solo nella pubblicità.
Qualche occasione però ci sarebbe. Almeno per chi ha il servizio clienti non esterno. Certo alcuni, [principale fornitore di energia] ricevono comunicazioni prevalentemente via fax o casella postale (!) ma altri avrebbero la possibilità di trasformare il servizio clienti in qualcosa di più propositivo. Ma la grande maggioranza non lo fa. Spesso il contrario.
Perché queste aziende perdono i clienti? Se il motivo principale non è come li trattano è solo perché si sono (ci siamo) rassegnati che l’alternativa non sia meglio.
Invece di abbassare drasticamente il costo-contatto a sparare su numeri sempre più grandi (“spray and pray” per gli anglofoni) varrebbe la pena cambiare finalmente marcia. Con quello che risparmio eliminando questo strazio di tele-selling (outbound) posso provare a migliorare il mio servizio clienti rendendolo pro-attivo. Clienti più soddisfatti significa meno clienti persi (che costano sempre meno di quelli nuovi). Inoltre posso essere propositivo con qualcuno che mi conosce, e nel momento in cui lui ha scelto di parlare con me e non quando io ho deciso di interrompere la sua giornata per vendergli qualcosa.
E per i clienti nuovi? Quelli da strappare alla concorrenza? Già basterebbe lasciare che siano gli altri a lavorare male. Ma ci sono anche altre possibilità.
Il permission marketing da ampio spazio ai creativi per iniziare relazioni con potenziali clienti e svilupparle nel tempo. Ma se proprio si vuole stare sull’interruption marketing varrebbe la pena puntare sulla qualità. Già un SMS intrigante con un azione di contatto (sito o numero verde) potrebbe essere un’idea. E per la parte aziendale qualche lettera ben scritta (questa la chiave di successo) garantisce ritorni migliori. Meno quantità, più qualità. Magari seguita poi da una telefonata. Mirata a questo punto. Posso testimoniare che campagne così orchestrate hanno dato risultati ottimi e in assoluto ogni nuovo cliente costa meno.
Adesso però devo chiudere il post perché squilla il telefono.
«Perfetto me li metta tutti sotto lo zerbino, grazie buonasera»
Per i più perfidi che amano la nemesi la risposta migliore a queste telefonate è: «Grazie per avere chiamato, la sua telefonata è molto importante per noi, la prego di rimanere in attesa per non perdere la priorità acquisita» e quindi metterli in attesa perenne.
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