Per molti di noi fare presentazioni è diventato sempre più parte integrante del nostro lavoro quotidiano, a differenza di qualche decina di anni fa quando era un avvenimento speciale ed in genere riservato a pochi. Uno degli effetti è che oggi i presentatori non professionisti, sono ancora tesi e nervosi ma mediamente meno di una volta. Un altra conseguenza che ci aspetteremmo è che anche le presentazioni stesse siano migliorate a seguito di questa accresciuta esperienza. Fatico ad essere d’accordo.
La maggior parte sono monotone, poco emozionanti e soprattutto non coinvolgono il pubblico. Che spesso sonnecchia o semplicemente si è abituato a questo tenore di esposizioni. Perché? Le risposte tecniche sono molteplici, oratori non entusiasti, troppe informazioni contemporaneamente, slide troppo testuali e dense, tono della voce non variato e spesso contenuti e linguaggio non mirati al pubblico presente.
Sebbene sia tutto vero il motivo alla radice è un altro. O meglio sono tutti aspetti che devono essere affrontati e migliorati ma prima di tutto dobbiamo domandarci perché siamo arrivati a presentare in questo modo.
Conoscete Benjamin Zander? E’ un famoso direttore d’orchestra (Boston Philarmonic Orchestra) ed anche un acclamato oratore apprezzato per le sue idee, la sua capacità comunicativa estremamente efficaci tanto nella musica quanto nel mondo degli affari. Fra le altre cose, insieme alla moglie Rosamund, ha scritto un libro intitolato The Art of Possibility. Se non lo avete letto vi consiglio di farlo subito poiché si tratta di un testo straordinario. Ben ai suoi studenti di musica, membri di un collettivo quale l’orchestra, dice “Non si tratta di suonare senza commettere errori, si tratta di dare il vostro contributo”. In altre parole la paura di sbagliare può portare un orchestrale a perdere di vista il vero motivo per cui suona, comunicare attraverso l’arte, e portarlo ad eseguire una brano in maniera corretta ma senza emozione alcuna. Quella che chiamiamo interpretazione e che distingue un musicista di successo dagli altri.
Tornando al nostro mondo delle presentazioni possiamo tracciare un parallelo, e possiamo applicare il concetto da due prospettive diverse: l’oratore (noi) ed il pubblico. Per noi non è importante dare un valore artistico alla nostra esposizione quanto riuscire a colpire emotivamente la nostra audience per persuaderla o addirittura motivarla ad un’azione. Ed è evidente che una presentazione piatta difficilmente colpirà nel segno; è perciò più importante “fare” qualcosa di impatto comunicativo che non sbagliare. Visto dalla parte del pubblico il discorso cambia nelle motivazioni ma non nella sostanza. Chi partecipa ad una presentazione investe del tempo e molto spesso del denaro: dall’eventuale costo dell’evento al trasporto. Il miglior ritorno per loro è ricevere delle informazioni e dei benefici concreti, non certo un esposizione blanda anche se senza sbavature.
Non dobbiamo trascurare il ruolo del presentatore. E’ lui che fa la differenza fra inviare i contenuti ai partecipanti (via mail, DVD, …ecc) e presentarli a loro. Se così non fosse inutile sarebbe fare la presentazione o parteciparvi come pubblico, fatto salvo l’eventuale pranzo offerto! Ebbene è quindi compito, se non un imperativo, dell’oratore di dare al proprio pubblico quel contributo che giustifica la sua e loro presenza. Tornando a Zander quando andiamo ad un concerto dei Dire Straits, se mai suonassero ancora assieme, paghiamo il biglietto per sentire la chitarra di Knopfler non una fedele riproduzione della versione di studio di Sultans of Swiings. Staremmo altrimenti comodamente a casa di fronte al nostro lettore CD. Così il nostro pubblico anziché leggere il contenuto delle nostre slide sul proprio monitor viene ad ascoltarci perché si aspetta che facciamo qualcosa in più della mera esposizione dei contenuti.
Possiamo riassumere dicendo che durante la preparazione di una presentazione dovremmo sempre chiederci: “Sto dando al mio pubblico un valore sufficiente a giustificare il loro investimento di partecipazione?”, “Cosa posso fare e quali rischi posso prendere per fare breccia nel mio pubblico e fare una presentazione memorabile?” ed infine “Quale è il mio contributo?”.
E’ vero che nessuno è mai stato licenziato per avere fatto una presentazione noiosa ed uguale a mille altre ma è altrettanto vero che giocare sul sicuro può farci perdere l’aspetto più importante. Il motivo per cui stiamo presentando!
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